di Mattia Paganelli
Se sul muro di una galleria d’arte scrivo a caratteri cubitali 1126 e a fianco 1201, e poi molto in piccolo in una nota, magari su un foglietto consegnato all’uscita, vi informo che queste cifre rappresentano i morti sul lavoro in Italia e i soldati americani uccisi in Iraq nel 2007, faccio un’operazione ad effetto, che gioca sulla dilazione. Uso un registro poco al di sopra della propaganda, la cui interpretazione è a senso unico.
Invece, se in un video senza sonoro mostro il primo piano di un uomo che parla, e sullo schermo faccio scorrere i titoli di alte cariche istituzionali, allargo la distanza tra gli elementi presentati, creo un maggior livello di ambiguità grazie a un maggior livello di astrazione, e lascio quindi più spazio all’interpretazione del pubblico. Il suggerimento ad interpretare il lavoro in chiave politica resta però chiaro.
Infine, se scelgo a caso una persona per strada e la seguo fino a che non entra in un luogo chiuso a cui io non ho accesso, il livello di astrazione è massimo, i riferimenti a qualunque interpretazione immediata sono eliminati, e sta a me decifrare e riannodare le informazioni disponibili (la libertà di movimento sul suolo pubblico e la barriera del perimetro privato). L’intenzione politica nasce qui dal registro poetico, non dal contenuto.












