di Tina Nastasi
Ci sono pidocchi attorno a me, e muri. Ci sono ginocchia che si incriccano a ogni piè sospinto e occhi pesti e ricuciti per le cadute. Ci sono schiavitù e vecchiaia sotto il mio cielo: maledetto istinto alla sopravvivenza!
Che posso fare? E’ così. E’ la legge delle cose qui sulla Terra.
E però – ché c’è sempre un però da qualche parte -, se davvero potessi dire a cuore aperto quello che penso, allora dovrei dire, necessariamente, che questa legge mi fa uscir di senno dalla rabbia.
Tuttavia – ché c’è sempre un briciolo di strada già percorso – mi avvio ad avere un’incerta età, mi accorgo che questa legge vale per questa cosa che sono io e vale per le cose che mi accadono.
E la legge dice: c’è un inizio e c’è una fine; c’è un tempo per tutte le cose.
Ma allora – ché c’è sempre una mano tesa contro da qualche parte – anche per me cosa c’è un tempo. Forse anche tre. Stiamo a vedere.
Ancorché la rabbia resti. E si accovaccia tra le mie mani. E l’urlo in gola diviene sordo: pesa dall’alto sul mio torace, polmoni e cuore si fanno piccoli piccoli.
Che posso fare contro il dolore?
Le mie mani si sciolgono da culla della rabbia e si chiudono in un pugno a sostenere il cuore. E il respiro prende e va, liberamente.






