di Simone Redaelli
Le mattine che usciamo di casa assieme, è ancora buio. Se è inverno, come oggi, troviamo il furgone pieno di ghiaccio. Io entro e mi siedo al mio posto. Papà apre la portiera del guidatore, mette in moto, e la richiude.
di Roberto Rocchetti
È più facile uscire da questo buco aggrappandomi alla scala di corda che penzola sopra la mia testa o scavando nicchie nelle quali inserire mani e piedi con il coltello che mi sono ritrovato in tasca?
di Silvano Panella
Ero stato chiamato alla reggia per ricevere una proposta di lavoro. Il precettore del principe, un anziano accademico spagnolo, mi venne incontro nella grande sala adorna di muqarnas
di Simone Redaelli
Quel giorno avevo chiesto al mio capo un aumento. Ricordo precisamente l’espressione vinta sul suo volto, la cupa rassegnazione di un uomo di potere con le mani legate
di Enrico Galantini
Quella notte risognò un sogno che aveva fatto a diciott’anni. Quel sogno lo aveva salvato, in un periodo difficile in cui non riusciva ancora a capire chi fosse e che cosa volesse fare davvero della sua vita
di Riccardo Eymann
Gli storici sono tutti tacchini, gli avevo detto quando m’aveva parlato del suo mestiere (ricercatore espertissimo in socialdemocrazia europea), tutti, dal primo all’ultimo, e anche tu, guardati, un tacchino fatto e finito
di Angela Maria Galluzzi Erano arrivati a casa solo da un’ora, ma Lucia era già brilla. Durante la messa commemorativa la voce del prete era bassa e luttuosa. Per qualche minuto aveva considerato la possibilità di pregare ma l’idea di Dio le era estranea...
di Sara Marinelli Del resto c’è una discrepanza, sempre più accentuata, tra quello che Napoli è per chi ci vive e per chi la visita; tra lo scarafaggio vero e la sua copia, un memento come un altro.
di Martina Ciullo
Inizia così: siete vicini a una radura, per niente diversa dalle solite radure di cui si legge nei racconti, anzi pressoché identica, solo che in questa radura un neonato sta piangendo
di Pierfrancesco Trocchi Era quell’ora buona in cui a Marsiglia i suoni si fanno d’acqua e i profumi sono liberi di camminare senza che nessuno li cerchi.
di Giovanni Palilla
Potrei ricordare tanti avvenimenti risalenti a quei giorni: la cattiveria con cui avevi studiato tutto nei minimi dettagli è sicuramente degna di un romanzo di Carrère; eppure, nella mia mente si fa largo con prepotenza solo il ricordo di te seduta in cucina, il giorno dopo, mentre sbucci le mandorle
di Silvano Panella
Il tempio emerge dalle sabbie maestoso e in rovina. Il caldo, il vento, il tempo hanno scheggiato, spaccato, levigato le pietre. La sabbia del deserto tende a nascondere il basamento
di Enrico Santoro
Percy Shelley ed Edward Williams erano morti più di un mese prima, i loro amici avevano insistito per riesumarli come fosse un diritto delle loro anime, scontata una celeste quarantena
di Simone Sauza
Dicevano che era un rifugio.
Ma un rifugio, per essere tale, deve avere una porta che si può chiudere da dentro. L’Ex Officina Ferroviaria no. Ci si finisce per sbaglio. Nessuno si sognerebbe mai di entrarci volontariamente.
di Marco Pianti La morfologia del luogo è soggetta a improvvise mutazioni. La gente viene qui per prelevare il sale. Carovane trainate da cammelli si incamminano nel deserto, uomini, donne e bambini incidono le lastre e se ne vanno con i blocchi di sale
di Michele Arezzo
Nel protrarsi della festa per il suo cinquantesimo compleanno, Lollo Medina accusò una sequenza di bruciori – si potrebbe dire elettrici – alla bocca dello stomaco
di Vittoria Groh
La città accaldata è immobile e non emana odori. Le cucine sono chiuse, i proprietari altrove, distesi sui lettini che puntellano le spiagge di Ostia. Di nuovo il campanello: una volta, un momento d’esitazione, un’altra ancora; un’insistenza timida.
di Max Mauro Tom arrivò a scuola a metà mattina, era quasi ora della ricreazione e tutti fremevano per scappare fuori. Io e Devis avevamo già pronte le squadre per la partita di calcetto con la palla da tennis, tre contro tre, sulla pista di atletica
di Carlotta Centonze Una convocazione d’urgenza ti piomba addosso e la giornata è da buttare. Ho maledetto il Ministero del Costume e ho preparato la borsa con un cambio.
di Michele Muresu
La ragione genealogica di questi appunti che con molta spocchia proverò a far passare per un diario è una sola: benché sia un momento di grande rivalutazione terapeutica della solitudine, io non ho mai avuto il privilegio di stare solo
Danilo Chillemi Qualcuno (chi? L’inglese John Lennon?) diceva della morte: è solo scendere da un’auto per salire su un’altra. La frase mi trova d’accordo. Salgo sul primo autobus che incontro nell’ora magica crepuscolare delle sei
di Paolo Morelli Solo dopo, alla fermata dell’autobus per tornare a casa, ho capito cosa volevano o sentivano quegli occhi: non li odiavo, neanche un po’, nemmeno nei fondi recessi, e questo veniva preso con estremo sospetto.
di Isabella Ballarini Là in fondo, sotto quella tettoia, c’era un chiosco che vendeva pesche e mandarini.
Non insieme, ovvio: pesche d’estate, mandarini d’inverno
di Giulia Zoratti
Non era un segreto che mia madre non mi avesse voluta. Anche quando era incinta non provava a immaginare che aspetto avrei potuto avere. Forse è stato per quello che si era trovata impreparata quando aveva scoperto che ero identica a lei
di Maria Noemi Grandi
Zio apre il recinto e chiama Pasqua a sé – Andiamo, bella. Andiamo – quella si avvicina placida, pensa le abbia portato da mangiare i soliti resti. Pure Pasquetta si accoda ma zio la spinge indietro e chiude il cancello. Insieme ci allontaniamo di qualche passo sul prato.
di Silvano Panella
Ero nella mia camera d'albergo. Bussarono alla porta. Aprii. Nel corridoio non c'era nessuno, a terra una busta da lettera, nella busta un cartoncino scritto a penna. Il direttore mi invitava a visitare le segrete dell'edificio. Andai in recezione
di Alberto Comparini
L’autistico il comunista il giullare di corte il nipote dell’ordinario l’allievo scarso del barone il figlio dell’operaio rimasto bloccato al secondo piano dell’ascensore sociale: c’è posto per tutti, all’università
di Marco Marra Sogna. E nel sogno c’è un lago e nel lago abita il drago. Il drago è enorme e terribile e ha il corpo lercio squamoso rossastro che sbrilluccica d’una luce impossibile. Il drago sta fermo a mo’ di fenicottero rosa al centro del lago, la coda penzoloni che pare una mazza ferrata
di Rosa Blasetti Il profumo di crostata si diffondeva nel vano scala e raggiungeva l'androne del palazzo e le mie narici di bambina. Lo seguivo, rincorrendolo fino al terzo piano,...
di Silvano Panella
So quel che ho letto, quel che ho studiato, appreso. E so quel che dico. Ancora oggi trovo la voglia di stupirmi, la voglia, i modi, i tempi. Il passato sovrabbondante di spiriti mi incuriosisce. Il mio è un interesse letterario, antiutilitaristico, non sociale. Volubile, floreale, insomma formale