di Antonio Sparzani
[finita è la festa indiana; qualche evento programmato per ieri pomeriggio è saltato perché ci eravamo fatti prendere la mano dall’entusiasmo e avevamo messo troppa carne al fuoco. Niente di male. Qui vi propino qualcosa di quello che avrei voluto dire nella chiacchierata prevista nel pomeriggio con Chiara Valerio su scienza e letteratura. a.s.]
In testa a tutto io metto questa frase, che traggo dal Brusio della lingua di Roland Barthes che già qui ho ampiamente citato ed elogiato:
Tra la scienza e la letteratura esiste infine un terzo margine che la scienza deve riconquistare: quello del piacere.
Voi che non praticate le cosiddette scienza esatte, cosa pensate quando vedete scritta sulla carta una formula matematica?
Il primo pensiero sarà forse di rigetto, andrà a ricordi di scuola, complicazioni, cose per specialisti, scritture criptiche inventate per comunicare dei segreti che non si vuole diventino troppo condivisi, strumenti di un sapere iniziatico, astrusità, enigmi, cabale. Comunque cose incomprensibili: “Ah, io di matematica non ho mai capito niente”.
Anche se pensate così, sarebbe molto bello che il vostro secondo pensiero non fosse quello di ritirarsi e rinunciare per sempre a capire questi enigmi, ma fosse invece quello di poter distruggere la loro natura di enigmi. Una bella opzione di onnipotenza: « io posso distruggere la loro natura di enigmi ». Se un enigma diventa noto a tutti allora non è più un enigma, perde la sua natura, diventa una banalità che san tutti, un segreto di Pulcinella. Se questo pensiero vi sfiora o addirittura vi abita, dategli spazio, è un ottimo segnale. Si può proseguire, si possono immaginare analogie.














