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Perturbante

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di
Giuseppe Schillaci

Blob. Bombe e veline appagano a sufficienza le mie voglie catodiche. In basso scorrono già i titoli. Ho fatto tardi anche stavolta.
La tv s’oscura appena, poi sullo schermo compaiono loghi istituzionali vagamente familiari. Una musica soave, il volto rassicurante di Gianni Minoli, il proiettore che si aziona.
Il cielo è viola di tramonto, vecchie barche davanti a un porticciolo. Sulle barche intere famiglie indicano una casa in lontananza. Il cono di luce investe un muro di calce e l’immagine prende vita, dominando un meraviglioso drive-in marittimo, nuovo cinema paradiso. Chiudo gli occhi e mi bagno nei ricordi, nelle sere oziose della scorsa estate in Sicilia.

Il solito caldo d’inizio agosto. Vampe sulle colline, gommoni al largo di Malta.

Le voci la città

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LA SCRITTURA PER RIPENSARE SPAZI E ACCESSI

2° meeting delle scritture e dei giovani scrittori
laboratori di scrittura – poetry slam + short story slam – ottava rima
(iscrizioni gratuite aperte fino al 15 ottobre)

Fiesole (FI)
Basilica di Sant’Alessandro\ Casa Marchini Carrozza
16-18 ottobre 2008

El boligrafo boliviano 19

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di Silvio Mignano

29 maggio 2008

Oltre la terrazza c’è solo l’Illimani, che ti sembra di poterlo toccare, e invece sotto, invisibile finché non ti avvicini al bordo, c’è lo sprofondo della città, le vie non asfaltate, laccate di polvere, la bottega senza vetrine con davanti i sacchi panciuti di cereali, spessi riccioli bianchi, rigatoni di grana giallastra, la rotonda con al centro un giardinetto di erba secca e le ringhiere arrugginite e sventrate, un tronco senza rami, senza foglie e privo di gemme, nessuna macchina che giri attorno all’aiola, adesso sì, solo un camioncino alla rovescia, sottosopra per noi che lo osserviamo da quassù, con le ruote in alto come le zampette di Gregorio Samsa, il goffo arrancare dell’autista abbarbicato al volante che non si capisce se spinga o trascini.

Corpo @ corpo

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immagine: lutte fractale

di
Dario Arena

Penso spesso di collocarmi fisicamente nel giusto equilibrio spazio-tempo. Mi capita invece, altrettanto spesso, di vagare mentalmente fuori dall’’ordine prestabilito del momento-tempo, vorrei stare da altre parti con qualcun altro mentre mi parla colui/colei che ho di fronte.
Il blog è il jack di quadri che riaggancia il distacco: sto da una parte, scrivo in un non-luogo su una non-carta e qualche sconosciuto da un’’altra parte sconosciuta, certamente dotato di cervello funzionante, mi legge e talora mi risponde. Magari invitando al dibattito.
Ecco la differenza. Nel mondo reale, pochi possono vantare di garantirsi la conoscenza di un cervello funzionante fra tutti coloro con i quali ci si incontra. Il virtuale che stiamo usando ora offre tali criteri valutativi, li espone. Noi siamo in grado di capire presto se esiste scelta; è evidente la differenziazione di livello qualitativo tra un sito ed un altro; si può stare sprofondati sul divano e scrivere che si sta in ufficio, come stare realmente incasinati ai massimi livelli mentre si cazzeggia on-line; ci si può finalmente liberare dal peso della parola parlata e convogliarlo sulla nuda parola scritta.
Il diagramma mostra un trend neurolettico in fase frizzante.
E’ la fase di passaggio.

cronache da Pechino #4

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di Gabriella Stanchina

Ho approfittato del bel tempo per visitare gli hutong. Nella foresta di vetrocemento dei grattacieli di nuovissima costruzione, gli hutong sono il sottobosco, umile e proliferante tappeto di muschio e pianticelle. Gli hutong sono i quartieri della vecchia Pechino, costituiti da case a un piano (per evitare che qualcuno potesse guardare l’Imperatore in visita dall’alto in basso) raccolte intorno a cortili quadrangolari. La casa a nord, privilegiata secondo il feng shui era di proprietà dei genitori anziani, le altre erano ereditate dai figli maschi e dalle loro famiglie. Di fatto gli hutong sono cresciuti in tutte le forme. Apprendo da un libro che le figure create dagli hutong non sono ancora state tutte classificate. Ogni vicolo si piega e si ripiega in modo tortuoso rivelando il retro di una scena immaginaria, per poi interrompersi o sbucare in un punto diverso da quello in cui si è entrati. Smarrirsi tra le case è facilissimo, i tetti a pagoda salgono e scendono con un’ondulazione ininterrotta, simile al fluttuare delle ali di una falena. Il colore predominante è il grigio polvere, anche se talora, dietro a una porta scrostata verniciata di rosso si intravede il verde di un’edera, di una sofora, o di un vaso di bambù germoglianti.

Il cane più famoso della storia

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di Francesca Matteoni

“Il semplice fatto che il mio cane mi ami più di quanto io ami lui è una realtà innegabile, che mi colma sempre di una certa vergogna. Il cane è sempre disposto a dare la sua vita per me. Se fossi stato minacciato da un leone o da una tigre, Ali, Bully, Tito, Stasi e tutti gli altri, avrebbero affrontato senza un attimo di esitazione l’impari lotta per proteggere, anche solo per pochi istanti, la mia vita. E io?”
KONRAD LORENZ

Ai bambini dovrebbe sempre essere permesso di crescere a contatto con gli animali. Sperimentare un rapporto fraterno, imparando a convivere con un compagno che non giudicherà mai, che resterà comunque una continua sorpresa, indecifrabile, nonostante la reciproca conoscenza. “E’ solo un cane”, “è solo un gatto randagio”, potranno dire al bambino gli adulti o gli altri ragazzi con aria sprezzante, come se questo li rendesse in qualche modo superiori, inattaccabili dalla paura dell’uguaglianza. Il bambino resterà muto, molto spesso, invischiato e senza pelle nella materia dell’infanzia dove tutto è presente, premuto troppo forte sul torace come sullo sterno di un volatile non ancora identificato. Imparerà poi ad essere fatto di linguaggio, a ferire, a distaccarsi dall’altro. “E tu sei solo un uomo”, saprà rispondere allora.

Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato 11

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[18 immagini + lettere invernali per l’autunno; 1, 2,
3,4,5,6,7,8,9, 10…]

di Andrea Inglese

Cara Reinserzione Culturale del Disoccupato

un giorno, dopo averti scritto, mi è capitato di vedere una croce.

Erano frasi stampate su di un manifesto,
proprio contro una porta,
una scritta orizzontale lunga, noiosa,
e una serie di segni verticali, di un altro colore,
insensati

«Ecco la croce» mi sono detto.
«Proprio contro una porta.»

I quattro cantoni

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A fine settembre è nata a Losanna l’Associazione Hétérographe, con lo scopo di lanciare una nuova rivista letteraria Hétérographe, revue suisse de homolittératures ou pas. Un semestrale ­ il cui primo numero è previsto nell’aprile 2009 ­ che vuole suscitare e mantenere vivo l’interesse per la letteratura lesbica, gay, bisessuale, trans e inter (LGBTQI), proporre testi letterari di qualità e fomentare un dibattito aperto e libero sul rapporto tra corpo, letteratura e identità sessuali. Non sarà una pubblicazione universitaria, né un periodico indirizzato unicamente alla comunità omosessuale, quanto piuttosto uno spazio di dibattito e dialogo, un luogo utopico in cui militare (grazie alla letteratura) per un’apertura delle identità di genere e per la destabilizzazione delle certezze che abbiamo ereditato. La rivista, pubblicata in francese, sarà disponibile su abbonamento o in libreria (edita dalle Editions d’en bas), ma è possibile sin d’ora sostenerla attivamente, aderendo all’Associazione. La tassa annuale di 40 FrS. (35 Euro per l’estero): comprende l’abbonamento e la possibilità di partecipare alle assemblee generali. È un modo concreto per dimostrare che il progetto ha un suo pubblico e una rete di sostegno a livello svizzero e internazionale. Il sito internet www.heterographe.com offre ulteriori informazioni e un primo , assaggio, dei contenuti della rivista, con un inedito conturbante del poeta svizzero Philippe Rahmy. Per sostenere questa nuova iniziativa, basta inviare una mail, con il proprio indirizzo, a adhesion@heterographe.com. Per informazioni, domande o proposte di testi e articoli, scrivete a info@heterographe.com.

Kenyon college and Me

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di David Foster Wallace
[traduzione di Roberto Natalini]

Trascrizione del discorso di David Foster Wallace per la cerimonia delle lauree al Kenyon college, 21 maggio 2005.

 

Un saluto a tutti e le mie congratulazioni alla classe 2005 dei laureati del Kenyon college. Ci sono due giovani pesci che nuotano uno vicino all’altro e incontrano un pesce più anziano che, nuotando in direzione opposta, fa loro un cenno di saluto e poi dice “Buongiorno ragazzi. Com’è l’acqua?” I due giovani pesci continuano a nuotare per un po’, e poi uno dei due guarda l’altro e gli chiede “ma cosa diavolo è l’acqua?”
È una caratteristica comune ai discorsi nelle cerimonie di consegna dei diplomi negli Stati Uniti di presentare delle storielle in forma di piccoli apologhi istruttivi. La storia è forse una delle migliori, tra le meno stupidamente convenzionali nel genere, ma se vi state preoccupando che io pensi di presentarmi qui come il vecchio pesce saggio, spiegando cosa sia l’acqua a voi giovani pesci, beh, vi prego, non fatelo. Non sono il vecchio pesce saggio. Il succo della storia dei pesci è solamente che spesso le più ovvie e importanti realtà sono quelle più difficili da vedere e di cui parlare. Espresso in linguaggio ordinario, naturalmente diventa subito un banale luogo comune, ma il fatto è che nella trincea quotidiana in cui si svolge l’esistenza degli adulti, i banali luoghi comuni possono essere questioni di vita o di morte, o meglio, è questo ciò che vorrei cercare di farvi capire in questa piacevole mattinata di sole.

Per Anna Politkovskaja

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Dies Irae per Anna Politkovskaja

Oratorio piccolo di parole e suoni

Giovedì 9 ottobre 2008

ore 20,30

MUSEO DIFFUSO DELLA RESISTENZA

C.so Valdocco 4/a

10122 Torino

011.4363470

di/con Claudio Canal

e Simona Colonna [violoncello e voce], Vesna Ščepanović

Dies Irae per Anna Politkovskaja è una relazione drammatica costruita con parole, suoni e immagini.

“La ragazza arco”. Poesie da Mala Kruna

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di Franca Mancinelli

puoi poggiare la testa dove la terra affonda
molle, nella cuna tra i colli dove
si veste d’acqua

insegue la bolla di vita tenue
il sorriso chiuso nella pelle
d’ambra, gli animali nell’inverno
addormentati nella tana.

Nulla da perdere se non le vostre catene

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Le assemblee di Bisaccia
di
Franco Arminio

Al mio paese facciamo tante assemblee. Ogni tanto capita qualcuno che tenta di rovinarle queste assemblee, perché al sud le cose belle hanno più nemici che altrove. Ci si abitua al male e quando il bene si presenta arriva sempre qualcuno a incornarlo. Il sud ha bisogno di strappi e di pazienza, di scrupolo e utopia. Combattere contro una discarica oggi sembra una cosa da attardati, da falliti. E quindi è proprio l’impresa giusta per i poeti, per gli artisti. I sindaci, i sindacalisti, i commercianti di ogni merce, dal pollame alla politica, non hanno molto senso in queste lotte. Oggi la democrazia possono pensarla veramente, possono praticarla veramente, solo quelli che non sono in linea con la dittatura di paglia impersonata da Berlusconi e dai suoi sodali di centro, di destra e di sinistra.

Per Gianni Celati

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di Massimo Rizzante

L’amicizia come forma del narrare

«Oggi abbiamo imparato a sottomettere l’amicizia a ciò che chiamiamo le nostre convinzioni. E lo facciamo addirittura andando fieri della nostra rettitudine morale. Ci vuole in effetti una grande maturità per comprendere che l’opinione che difendiamo non è che un’ipotesi privilegiata, necessariamente imperfetta, probabilmente transitoria, che soltanto i veri ottusi possono far passare per certezza o verità. Al contrario della puerile fedeltà a una convinzione, la fedeltà a un amico è una virtù, forse l’unica, l’ultima». (Milan Kundera).

Posso tranquillamente dire che il poco che ho scritto, letto, tradotto fin qui, l’ho fatto per amicizia.

Non sappiamo niente

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di Marilù Musto

«Non sappiamo niente!» è stata la frase dei familiari di Stanislao Cantelli rivolta a chiunque nella tarda mattinata di ieri si avvicinasse anche solo per fare le condoglianze. «Non sappiamo niente!» è stata anche la risposta che la polizia e i carabinieri hanno ricevuto da tutti coloro che si trovavano su corso Umberto I, nel vicino bar caffetteria e cornetteria, al momento del delitto. Il muro di omertà alzato a colpi di pistola era talmente impenetrabile che gli inquirenti hanno fatto fatica a scavare tra una notizia e l’altra per ricostruire la dinamica del delitto e hanno persino ipotizzato, in modo inverosimile e assurdo, che Cantelli fosse da solo a giocare a carte nel circolo ricreativo.

Diorama dell’est #13

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di Giovanni Catelli

Den nezavisimosti (Kiev)

…Et le cafard t’a rattrapé, rapide sur le boulevard, comme une foudre derrière toi, tu ne pouvais pas te défendre, comme toujours, tu le savais…
Il carillon della torre ha suonato le ore, ad una ad una, in fila, sul grande viale colmo di uniformi e vento, mentre tu tradivi ogni minuto nel fragore, nella folla, vasta diserzione d’ogni sguardo e gesto, lieve sparizione di fantasmi e tempo : si smarriva, irripetibile, il calore delle mani, la tenacia della stretta già premeva l’aria senza peso, la memoria delle dita confondeva i calcoli del vuoto :

LA SCUOLA PER TUTTI NON SERVE PIU’

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di Giorgio Mascitelli

Circa due anni fa Norberto Bottani, illustre esperto di problemi scolastici, si guadagnò l’attenzione fugace dei giornali con una dichiarazione ad effetto nella quale si annunciava che tra 50 anni la figura dell’insegnante come la conosciamo oggi non sarebbe più esistita nella scuola europea, sostituita da qualcosa di simile a un assistente sociale. Questa dichiarazione era fatta secondo la consueta tecnica della previsione che si autoavvera o, se si preferisce, del presentare un obiettivo di alcune politiche come una tendenza naturale. Tale uscita in sé non sarebbe significativa se non fosse possibile rintracciare nelle politiche scolastiche di vari paesi europei elementi che confermano tale ipotesi: un esempio per tutti la ventilata proposta in Germania di abolire le bocciature o quanto meno di limitarle non è frutto di un’improvvisa irruzione dello spirito del maggio parigino in qualche serio ministro del governo federale, ma la risposta alla continua pressione dell’OCSE (l’organizzazione che ha come scopo quello di indirizzare le politiche dei paesi più ricchi verso un maggiore sviluppo economico) a limitare i costi della scuola.

Radio Kapital – M.A.U.S.S.

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L’articolo che segue si può trovare sul Journal du Mauss. Mi auguro soltanto che la traduzione che porgo ai lettori sia all’altezza dei propositi contenuti nel testo.
effeffe (Francesco Forlani)

François Fourquet risponde all’articolo di Paul Jorion : « L’après-capitalisme s’invente aujourd’hui », Le débat, n°151, septembre 2008 di cui si propone qui una sintesi.

Il pomo della discordia

La crisi dell’immobiliare, definita il 12 settembre « crisi dei mutui subprime » è una crisi finanziaria assortita con un’inflazione dei prezzi delle materie prime e delle derrate alimentari, e contemporaneamente, « crisi di civiltà ». Dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989, ormai privo di avversari (il capitalismo di Stato dell’impero sovietico), il capitalismo di mercato resta il solo vincitore e l’ultraliberalismo libero di riversarsi nel mondo.

cronache da Pechino #3

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di Gabriella Stanchina

Domenica ho visitato il Palazzo d’Estate, la residenza estiva dell’Imperatore. È un luogo di stupefacente bellezza, simile alle antiche miniature indiane e persiane che raffigurano il paradiso. Da una collina verde di pini e cipressi punteggiata di padiglioni e templi si scende verso l’armonioso e vasto abbraccio di un immenso lago, che da solo occupa i tre quarti della superficie del parco. Lungo il lago, attraversato da traghetti a forma di dragone, isole e pagode sono collegate da candidi ponti dalle ardite curvature. Sul lungolago un corridoio a colonnato unisce palazzi e giardini nascosti, rocce dalle forme suggestive e una gigantesca nave di marmo screziato fatta scolpire e adagiare sull’acqua dall’avida imperatrice Cixi. Ho sostato a lungo in cima alla collina contemplando il Padiglione della Fragranza del Buddha. Edificato per ospitare una statua di tre metri in bronzo dorato della dea della compassione Kuanyin, il padiglione sorge su tre piani coperti dalle caratteristiche tegole cilindriche giallo oro e sostenuti da un gioco di colonne e architravi in legno. Ogni più piccolo elemento architettonico è dipinto a colori vivaci, blu cobalto, rosso, verde, intarsiati in un’infinita fioritura di forme geometriche, cornici, fiori e draghi.

Terra! “La trattativa”

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Mano libera ai killer per sfidare lo Stato
di
Rosaria Capacchione

Uno schiaffo allo Stato. Una risata lugubre, lunga quanto una raffica di mitra, che azzera l’ottimismo seguito alla retata di Casal di Principe e all’arresto dei tre killer della strage nella sartoria. I Casalesi sconfitti? Niente affatto, hanno detto. Vivi e vegeti, forti quanto prima, più pericolosi di prima. Cani arrabbiati, li definiscono gli investigatori. Assassini eccitati da sangue e cocaina, che alla speranza di chi credeva finita la stagione degli omicidi hanno risposto sfidando i posti di blocco, uccidendo ancora.
Hanno fatto passare due giorni appena, e sono tornati con le stesse armi e la stessa firma: un kalashnikov e una pistola calibro 9, ferri ancora vergini, mai comparsi sulla scena degli altri delitti. Sono gli uomini del terrore, scampati al blitz dei carabinieri, quelli che ieri mattina si sono affacciati in via dell’Oasi del Sacro Cuore, a Giugliano per una rapidissima azione da commando. Erano almeno in due.

Noi, buoni a nulla

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di Simona Baldanzi

Barberino di Mugello, 3 ottobre 2008

Sono stata a luglio e settembre 2008, nei tre campi base dei cantieri della Variante di Valico di Barberino di Mugello, per una ricerca condotta dall’Asl 10 di Firenze sulla sicurezza, sui disturbi psicofisici del lavoro a turni, sul mobbing, sull’uso di sostanze. Mi avevano chiamata perché sette anni fa feci una tesi sui lavoratori della Tav, sul loro rapporto con la comunità locale e quindi avevo esperienza come ricercatrice sociale o come “ragazza dei questionari”, come mi chiamavano i lavoratori.

Ieri tre operai sono precipitati da un pilastro del viadotto dell’A1, lotto 13 della Variante di Valico proprio a Barberino. Due erano della ditta Toto e uno di una ditta subappaltatrice. A casa ho la lista dei loro nomi, a fianco mettevo una X e la data quando mi restituivano il questionario, solo per fare i conti di quanti li compilavano, perché poi le loro risposte erano anonime.

Quando ieri mi hanno chiamato al telefono per chiedere a me cosa fosse successo e io non ne sapevo nulla, ho rivisto le facce dei lavoratori quando salgono a squadre sui furgoni e ti salutano dal finestrino. Ho pensato a quell’elenco, ho pensato al mio paese, ho pensato alle imprese e ai sindacati, ho pensato al mio lavoro. Ho pensato che tutti quanti siamo dei buoni a nulla.