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che avrebbe detto Bartolo

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di Fabrizio Tonello

Che avrebbe detto Bartolo da Sassoferrato del lancio di un duomo di Milano in alabastro sulla testa di Silvio Berlusconi? Forse avrebbe avuto qualche difficoltà a rispondere, perché il celebre giurista marchigiano morì, nel 1357, a soli 43 anni, mentre la prima pietra del duomo fu posata solo nel 1386 e l’ultima addirittura nel 1965 (un po’ lenti, questi milanesi). Per di più, ai tempi di Bartolo erano molto diffusi dei particolari souvenir chiamati “reliquie” ma il concetto di ricordino-industrializzato-a-basso-costo non era ancora stato introdotto. L’opinione di Bartolo ci interessa perché fu l’inventore di una categoria giuridica che sarebbe bene rispolverare, e rendere nota ai nostri intellettualmente neghittosi politici: l’idea di tyrannus ex parte exercitii, cioè chi esercita il potere in modo tirannico pur essendo stato eletto, o nominato, legittimamente. Fino ad allora, la tradizione giuridica considerava soltanto l’usurpatore, il tyrannus ex defecto tituli.

Le teste

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Le-teste di Flavio Santi

Senza timore di smentita pensiamo di essere stati i primi pubblicamente (sul sito di pordenonelegge.it e su rivista) ad avere preso sul serio Giuseppe Genna quando molti facevano spallucce di fronte ai suoi pseudothriller, incapaci di vedere le orbite di senso che via via si inanellavano come implacabili segnaletiche dei nostri tempi “devastati e vili”, per citare un altro suo titolo di imminente riedizione. Adesso, com’è giusto, Genna è uno scrittore a 360°, di punta, ma non dimentichiamoci che fino a qualche anno fa la maggior parte di coloro che ora fanno carole festanti intorno a lui non esitava a bollarlo riduttivamente come scrittore di genere. Ma questo è il solito malcostume italiano: vizi privati e pubbliche virtù. Memoria cortissima, e doppie verità a go go. Da questo punto di vista scrittori e critici non sono certo meglio dei tanto biasimati politici: sono semplicemente una fetta della grande torta avariata che è l’Italia.

Kids On Rainbows… a tutti.

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Kids on Rainbows… a tutti… in un mondo un po’ più condiviso…

Sarebbe probabilmente il modo migliore per augurarci qualcosa di buono.

evelina santangelo

Che cos’è un classico?

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anonimo

di Carlo Carabba

Resistenza del classico è il titolo del primo Almanacco BUR, nuova pubblicazione periodica, in uscita a sessant’anni dalla nascita della collana.

Ha quasi quattrocento pagine, sette sezioni più una breve introduzione e raccoglie i contributi di ventisei autori, ventotto se si contano Valerio Magrelli e Edoardo Sangunineti, intervistati da Federico Condello e Gilda Policastro. E, com’è fatale, è fatto di cose belle e cose brutte. Splendida la sezione “Officina di traduzione”, in cui vengono ritradotti alcuni classici latini – davvero incredibili le poesie di Catullo e la morte di Turno nella versione di Alessandro Fo che mantiene il ritmo della metrica latina. Sono intelligenti e utili i due saggi conclusivi, di Ivan Tassi e Daniele Giglioli, che tracciano una mappa della critica italiana, dal 1949 a oggi e leggere la riflessione di Seamus Heaney sulla poesia pastorale fa bene alla mente e al cuore.

Man Hattan Experiment

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Manhattan Experiment
di
Francesco Forlani
(La Camera Verde ProduKtion)

fugasei

(extra)

Dove sono Jena, Snake, Plissken, Bob Hawk, Cabbie e Duke, l’eroe rapinatore, lo sbirro, il tassinaro e il Raiss?
 Uno cambiò nome tre volte, 
uno fu fatto generale, 
uno cadde su un ponte lavorando per tutti, uno morì sparato – 
tutti, tutti dormono, dormono, dormono a Manhattan.
Dove sono il Buffone, Manhattan, The President, Mente e Maggie, mostriciattolo gay, penitenziario- ma pentirsi poi di cosa?-, il grassoccio e nano, il fornitore di gasolina e la sua squinzia? Tutti, tutti, dormono a Manhattan.
Dov’è quel Carpenter 
che giocò con la vita di tutti, fronteggiando produttori, esteti, critici colti, facendo cinema, non pensando né a moglie né a parenti, 
né al denaro, né all’amore, né al cielo? Eccolo! Ciancia delle parti di tanti anni fa, 
delle voci di tanti anni fa a St Louis, 
di ciò che Cronemberg e Romero
 dissero di lui una volta.

Uno finì, una 
uno smise, 
uno cessò, 
uno una abbandonò – 
tutti, tutti dormono, dormono, dormono a Manhattan.

L’inquieto vivere segreto

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Pubblico di seguito un estratto dal nuovo romanzo di Franz Krauspenhaar, L’inquieto vivere segreto, edito da Transeuropa, con una nota dell’autore sulla gestazione del libro: un romanzo aperto, dove ogni capitolo è una finestra su un possibile nuovo sviluppo, uno spazio vuoto che il lettore può riempire, proseguendo la storia su di un diverso binario. Un padre, un figlio, una moglie scomparsa, un fratello perduto, un surreale, ostile paese nell’hinterland lombardo, una Germania più evocata che attraversata, resa l’interlocutore prescelto di un dialogo dove ogni figura rimanda ad altro, al modo in cui l’opera intercetta la vita, la frantuma, le si sostituisce.( f.m.)

Cinque poesie

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di Vittorio Reta

Lasci scritte a sangue attraverso lo spioncino
quando la musica lascia la presa
voce anche tu miccia in acquario
per vedere una vetrata da sotto
Luci di Pietralata
Allora buttalo amore

Nazione Indiana

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a c. di redazione

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Nazione Indiana è nata ufficialmente con un pezzo programmatico, pubblicato il primo marzo del 2003, firmato redazione nel quale Antonio Moresco e il gruppo che si era formato attorno a lui provavano a dar vita a un nuovo spazio, di letteratura e di vita. Quello che qui desideriamo ricordare, e proporre ai lettori che sono arrivati a conoscerci dopo quella data, è la parte finale del secondo pezzo pubblicato, a firma di Moresco e in forma di diario argentino ̶̶ come molti dei successivi post di Antonio ̶ , nel quale il nome Nazione Indiana viene per la prima volta articolato e raccontato sotto il fantastico titolo In attitudine di combattimento e di sogno.

Crediamo che, malgrado i rivolgimenti radicali intercorsi nel frattempo nella costituzione e nella struttura del blog, compresa l’uscita di un certo numero degli stessi fondatori, a cominciare da Antonio stesso, Nazione Indiana abbia continuamente e testardamente interpretato e praticato queste iniziali parole e che in questo si riconosca una fedeltà forte alla sua costituzione originaria.

Eccolo a voi:

idilli di Damasco

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di Clio Pizzingrilli

C’è un giardino. Il giardino. Tutt’intorno deserto. Appressandosi la notte, il giardino andava lentamente indeterminandosi, fino a quando, sopraffatto da una moltitudine di sabbia granelli, in buio scomparve. Fu allora che mi alzai per cominciare a raccontare. Mai avrei mancato di rispetto a una tale perla, la cui fama risuonò nelle mie orecchie già nei primi giorni dell’infanzia, per nessuna ragione al mondo avrei immaginato di poterlo oltraggiare con parole inopportune o, peggio, laide, come spesso sono le degli uomini, perciò il mio tono di voce fu subito quieto e deferente, benché quel che mi apprestavo a dirgli fosse spaventoso e, lo riconosco, ancora sempre inadatto alla contemplazione delle sue bellezze. Da parte sua, il giardino aveva tutta l’aria di non essersi neppure accorto di me, né d’aver nemmeno mai udito l’inizio del racconto.

Survival kit per i giorni di pioggia

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Sui fatti di Messina e del Sarno
di
Eugenio Tescione
Prima che il pensiero giunga
a coniugare addendi dividendi
paradossi e linee torte
di questo vivere in questa giungla,
valle deformata dalle forze
del premere dell’espandersi
rifondare ogni volta l’alveo
sacrificando viole e gigli,
prima dell’appassire per il troppo
fradicio dove vivono radici,
va-jont va giù acqua tragica in detriti

prima del pensiero compassionevole
di sé, dei figli.

Season’s Greetings

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[ l’uomo di neve più piccolo del mondo ]

 

The Snow Man

di Wallace Stevens

One must have a mind of winter
To regard the frost and the boughs
Of the pine-trees crusted with snow;

Gitanes sans Filtre

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gitanes

Note e correspondances sulla Carmen di Bizet rappresentata alla Scala di Milano
di
Magda Mantecca (con una nota di Carlo Serra)

Il romanticismo dell’Europa del diciannovesimo secolo offre attraverso l’opera lo strumento con cui restituire alla società del tempo il sentire collettivo. Verdi e Rossini in Italia, piuttosto che Wagner in Germania o Bizet in Francia, esprimono in maniera territorialmente diversificata la capacità di rappresentazione di molteplici forme artistiche condensandole in una sola.
Bizet supera il senso tragico della morte wagneriana attraverso l’ironia di una figura emblematica ed eterna racchiudente in se diverse tipologie e caratteri umani quindi molteplicità nell’unità, che si ponge nei confronti della borghesia francese dell’epoca come oltraggio al compatto moralismo di maniera. Come rappresentarlo in modo che sia accettato dal pubblico di riferimento? Bizet trova l’espediente nell’esotismo, nella delocalizzazione di aspetti della natura umana esistenti ma sconvenienti come la sfrontatezza dell’erotismo e l’irriverenza verso il potere, in una figura topograficamente distanziata, che possa evocare tentazione ma al di fuori della comunità dei benpensanti .

Favola amara di un Giudice Istruttore che sa come vanno le cose

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di Anonimo Lombardo (da Arcoiris, qui)

25 dicembre 2009: “Trovato neonato in una stalla. La polizia e i servizi sociali indagano. Arrestati un falegname e una minorenne”. L’allarme è scattato nelle prime ore del mattino grazie alla segnalazione di un comune cittadino (obbediente all’invito del ministro Maroni): aveva scoperto una famiglia accampata in una stalla. Al loro arrivo gli agenti di polizia, accompagnati da assistenti sociali, si sono trovati di fronte ad un neonato avvolto in uno scialle e depositato in una mangiatoia dalla madre extracomunitaria, tale Maria H. di Nazareth, appena quattordicenne.

Al tentativo della polizia e degli operatori sociali di far salire la madre e il bambino sui mezzi delle forze dell’ordine, un uomo, successivamente identificato come Giuseppe H di Nazareth, ha opposto resistenza spalleggiato da alcuni pastori e tre stranieri presenti sul posto. Sia Giuseppe H. che i tre stranieri, risultati sprovvisti di documenti di identificazione e permesso di soggiorno, sono stati tratti in arresto.

A un amico: per Boris Mikhailovič Hoffman

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di Giovanni Catelli

boris hoffman e il figlio benjamin

Ci siamo detti do vstreči e do skorovo, l’ultima volta, ricorda, Monsieur Boris?
Mi ha voluto accompagnare, attraverso la breve serra del cortile, sino alla soglia del Boulevard, per un po’ d’aria fresca, per uscire, da quella navicella colma di libri e di par ole, che riceve il suo silenzio dalle vie quiete del retro, sospese in un’eterna provincia, prima della grande luce di Rue Gay-Lussac.
Parlavamo di Kiev, ne sono certo, e di un suo trascorso viaggio, attraverso la memoria ed il tempo, incontro al presente, passeggero, e all’avvenire che non cessa, nella nostra speranza, di ricongiungersi al passato, e ricreare quasi un cerchio, magico, che spieghi, che giustifichi, a riscuotere ogni breve, lucente moneta del ricordo, a riscattare ogni gesto che rimanga, nel vago limbo dell’attesa, e della sua domanda senza voce;

Penumbria

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di Ottavio Fatica

Per Eugenio

Il treno era in ritardo, tanto per cambiare,
sulla tratta scaduta da Roma a non so dove
e sono sceso a Chiusi con mezz’ora di ritardo
su poco più di un’ora di percorso.
Vado a trovare i miei mi andavo ripetendo
da un po’ di tempo in qua; dopo il trasloco
dopo tanti anni al primo squillo che ricevo
mi aspetto ancora di sentire
la voce di mia madre all’altro capo.
La decisione a lungo rinviata
l’ho presa come al solito d’un tratto
nei giorni di un’estate tropicale.

Dietrology

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Kultur- One
Natale a Beverly Hills, film di interesse culturale nazionale
A conti fatti il cinema italiano noi lo aiutiamo. Con i nostri incassi facciamo bene a tutti».
Essi dicono

Kultur- Two
“Wenn ich Kultur höre … entsichere ich meinen Browning”. Meaning: “Whenever I hear the word culture… I release the safety-catch of my Browning!” – Hans Johst – Schlageter (Act 1, Scene 1). Essi dissero.
E tu, cosa dici?

Per Svetislav Basara, ovvero l’assurdo che si fa parola

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di Lorenzo Pompeo

Tra le voci della ex-post-Jugoslavia a cui tra gli anni ’90 e la prima metà del decennio successivo l’editoria italiana ha dedicato un minimo di attenzione (penso in primo luogo all’antologia Dizionario di un paese che scompare. Narrativa della ex-Jugoslavia del 1994 e, a un decennio di distanza, l’antologia Casablanca serba. Racconti da Belgrado, entrambi curate da Nicole Janigro), quella di Svetislav Basara, nato nel 1953 a Bajina Bašta, piccolo paese di provincia vicino al confine con la Bosnia – l’autore in Mongolski Bedeker, lo definisce “una bufala giornalistica, una leggenda metropolitana piuttosto che un vero centro abitato” -, mi sembra quella più interessante.
Lo scrittore serbo, fino a poco tempo fa ambasciatore della Repubblica serba a Cipro, dopo aver scritto e pubblicato alcuni racconti, esordì nel 1984 col romanzo Kinesko pismo (“Lettera cinese”, tradotto in inglese ma non in italiano). Negli anni ’90 era uscito dall’Unione degli scrittori jugoslavi e si era espresso apBasara-Mongolski-mertamente contro il regime di Milošević.
I suoi due romanzi tradotti in italiano, Quel che si dice dei ciclisti rosacroce, edito nel 2005 dalle Edizioni Anfora e il recentissimo Mongolski bedeker, edito dalla Quodlibet lo scorso anno, insieme ai due racconti presenti nelle citate antologie, offrono al lettore italiano la possibilità di entrare nel mondo di questo autore serbo, dotato di uno stile e di una scrittura assolutamente personali e riconoscibili.
I suoi libri a stento possono essere chiamati romanzi. La linea narrativa infatti viene continuamente e deliberatamente interrotta, stravolta, deviata verso un corso irreale nel quale l’io narrante si smarrisce, insieme al narratore onnisciente (il quale scopre che non riesce neanche a conoscere se stesso) in un labirinto di rappresentazioni speculari, uguali e contrarie.

MERRY CHRISTMAS

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di Franco Buffoni

1. In questi giorni di persino – se possibile – maggiore presenza pretesca sulle reti generaliste, perché non dare rilievo all’alto spirito caritativo che ha mosso l’arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra a chiedere con veemenza al presidente della regione Emilia-Romagna Vasco Errani di NON estendere anche alle coppie di fatto – debitamente registrate in comune – i diritti e i benefici del welfare?

2. Su proposta del ministro agli affari regionali Raffaele Fitto, il Governo ha impugnato la legge 52/09 della Regione Liguria contro l’omofobia: “Norme contro le discriminazioni determinate dall’ orientamento sessuale o dall’ identità di genere”. Motivazione: la legge “eccede dalle competenze regionali perché solo lo stato può decidere in materia di diritti civili”.
Ma quando lo stato non decide – anzi palesemente disattende l’art. 13 del Trattato di Amsterdam e ignora le direttive del Parlamento europeo, in particolare quella del 26 aprile 2007 che condanna “i commenti discriminatori formulati da dirigenti politici e religiosi nei confronti degli omosessuali” – e un consiglio regionale, per contro, mostra dignità e autonomia decisionale, non sarebbe il caso almeno di parlarne, facendo circolare la notizia?

Perché non ho smesso di scriverti versi

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di Simone Consorti

 

ConsortiCover (2)

 

 

 

 

D’ in sulla vetta d’ una torretta

Visionario, solitario stai

Passero che sogni ben altra vetta

 

 

Passero che non ti passerà mai