Prove d’ascolto

Dal giugno 2015 al maggio 2016 si è svolto un laboratorio di scritture dal titolo «prove d’ascolto» presso la sede della galleria WSP photography di Roma (http://www.collettivowsp.org/), che ha visto coinvolti 23 autori [1]. Da oggi Nazione Indiana pubblica testi e tracce di quegli incontri. Di seguito una breve presentazione del progetto a firma dei due curatori, Simona Menicocci e Fabio Teti.

 

L’esperienza laboratoriale «prove d’ascolto» nasce dall’insoddisfazione, e nell’insoddisfazione – è importante: anche e soprattutto rispetto a se stessa, alle articolazioni ed energie, alle pratiche e relazioni che ha saputo o mancato di generare, al tempo che ha potuto o mancato di donarsi – consegna oggi, profittando dell’ospitalità di Nazione Indiana, ad una socializzazione ulteriore ed espansa quegli ‘atti’ di scrittura attorno cui e generando i quali si è configurata, dal giugno 2015 al maggio 2016, in tre appuntamenti romani presso la sede della WSP photography, (ne approfittiamo per ringraziare Lucia Perrotta per l’ospitalità concessaci).

 

L’idea del laboratorio, basilare e intimamente ispirata alle motivazioni che condussero Giuliano Mesa a dar vita al progetto Ákusma (sono ormai quasi vent’anni), si è fatta strada a partire da Albinea (RE), seconda edizione della rassegna EX.IT, nell’ottobre del 2014, durante la tavola rotonda coordinata da Antonio Loreto e Massimiliano Manganelli. In quell’occasione, una schiera di critici letterari, studiosi, traduttori e autori, fu invitata a intervenire intorno alle scritture, e al panorama autoriale da esse illustrato, raccolte nel catalogo-antologia ex.it 2013 – Materiali fuori contesto (Tielleci, Colorno 2013). In quella sede, al netto delle possibili dispercezioni di chi scrive, poche, pochissime delle molte parole che potemmo ascoltare (gli atti dell’incontro sono oggi raccolti e leggibili nel volume ex.it 2014 – Materiali fuori contesto, Tielleci, Colorno 2016) ci sembrarono fattivamente interessate a ricavare dai testi in questione, considerati nella loro singolarità e varietà (di materiali, procedure, modalità della messa in comune e suoi oggetti) quegli strumenti critici e quei criteri analitici rinnovati di cui probabilmente l’intero campo letterario italiano necessita da tempo. Un’occasione parzialmente sprecata, dunque – e forse fatalmente, stante la difficoltà obiettiva di maneggiare un così ampio spettro di scritture e posture autoriali, rispetto alle quali sembrò più agevole ripiegare sulle consuete strategie operative, quelle cioè tendenti alla categorizzazione definitoria, all’individuazione delle autorialità più emblematiche, alla sinossi delle questioni, quali che fossero le anomalie letterarie in discorso e il ventaglio di problemi da esse spalancato: ripiegare sul tentativo di maneggiare, crediamo, come reti a strascico, categorie critiche pre-testuali, in quanto prodotte per dar conto di testualità altre, precedenti, o ancora pseudo-categorie o puntatori desunti dalle auto-descrizioni e riflessioni dei più attivi, sul fronte teorico, o metapoetico, degli scrittori in questione; ponendosi, al limite, il problema della prensilità generale delle stesse, ma in ogni caso, al netto delle cautele e delle perplessità espresse, assecondando il rischio già presente di una loro surrettizia mutazione da connotati probabili ad epitomi sicure, e ancora da strumenti descrittivi di alcune testualità esistenti a criteri discriminanti circa il valore di quelle contemporanee o a venire. Nulla che non pertenga al mestiere del critico, naturalmente; né avremmo potuto pretendere delle vere e proprie analisi testuali, in quella sede e in una fase, ancora, di vera e propria lotta per l’esistenza di tutta una serie di scritture spericolate e sganciate dalle anche recenti acquisizioni canoniche in materia. Ciò nonostante, la percezione acuta di una scarsa considerazione dei testi, della loro inaggirabilità e differenza, così come della produzione delle autorialità più appartate o in ombra del ‘catalogo’, fu la sola amara acquisizione con la quale lasciammo l’incontro e, su questo fronte almeno, Albinea.

 

Da qui, precisamente, l’idea di un laboratorio, mossi dalla necessità di riservare un più ampio spazio-tempo alle testualità degli autori coinvolti, uno spazio e un tempo in cui poter porre maggiore attenzione e accordare un ascolto qualitativamente più esposto al farsi stesso della scrittura. Con «prove d’ascolto» abbiamo infatti proposto ai 23 autori coinvolti di condividere i propri testi in lavorazione, le proprie “ricerche” in atto, e di affrontare collettivamente i nodi estetici, concettuali, pragmatici attorno cui stesse ruotando il proprio lavoro; ogni presente è stato dunque invitato tanto a leggere i propri testi, quanto a intervenire e a fomentare a una discussione, il più possibile spregiudicata, sullo specifico di ogni brano in questione e delle problematiche di lì emergenti. L’auspicio, o obiettivo, al di là di certe ‘somiglianze di famiglia’ e delle convivenze più o meno ireniche sotto l’inverificata copertura di una tendenza comune, era che potessero emergere e porsi in esponente le differenze empiriche e le distanze concrete tra le pratiche autoriali; che si riuscisse a provocare, sulla base di queste, e discutendo, una crisi ulteriore: radicalizzando, in termini di profondità e fertilità, quella spinta emancipativa comunque già implicita in ogni necessità o accidentalità di ricerca, quindi fornendo uno stimolo ulteriore tanto al movimento quanto al processo di auto-consapevolezza artistica. Allo stesso modo, ci aspettavamo di ricavare, sebbene in forma grezza,  provvisoria, qualche nuovo arnese ermeneutico, qualche strumento critico ulteriore, necessitato dalle e aderente alle scritture in questione (un implicito delle discussioni era infatti quello di prescindere da tutti quei dispositivi nominali o lassamente teorici dei quali auspicavamo invece una messa in crisi, se non un superamento: da “scrittura non assertiva” a “scrittura di ricerca”, appunto, dalla contrapposizione tra lirica e sperimentalismo a quella tra verso e prosa). Anche per questo motivo, oltre agli autori, abbiamo provato a coinvolgere nel laboratorio gli stessi critici e studiosi intervenuti ad Albinea nel 2014, nonché molti altri potenzialmente interessati a questo tipo di lavoro comune, di comunità operosa, ottenendo, naturalmente, nient’altro che una sfilza di mail inevase, di silenzi eloquentissimi o giustificazioni pasticciate, e potendo contare, nel concreto, su appena tre presenze discontinue, quelle di Gilda Policastro, di Guido Mazzoni, e di Massimiliano Manganelli, che ringraziamo. Poco male, ad ogni modo: si è fatto senza, giocoforza.

 

Naturalmente, da cotanta ambizione, non poteva che derivare un altrettanto grande, e comunque fertile, fallimento. Tolti pochi casi, e sempre in conseguenza della quota di generosità ed energia messa in campo dai coinvolti, si è rivelato più che problematico dar vita a discussioni proficue, più che faticoso stimolare una partecipazione che avrebbe invece dovuto esserne precondizione. Lo stesso può dirsi per la seconda fase del laboratorio, alla prima legata proprio dalla volontà di fissare qualche risultato più stabile, di concretarlo. Dopo i tre incontri romani, infatti, dopo le parole in presenza e gli impacci, anche, dell’oralità, della soggezione, delle psicologie, abbiamo invitato ogni autore – secondo un esoterico sistema di incroci volto a garantire la copertura integrale dei testi condivisi, e fallito anche questo, a causa di varie defezioni – a rilanciare per iscritto le tracce del proprio ascolto, del proprio incontro con l’altrui scrittura, a produrre un testo breve, insomma, critico eppure libero, affrancato da ogni ansia mimetica e competitiva rispetto ai canoni formali della critica ufficiale. Anche qui, i risultati non son stati sempre all’altezza delle aspettative, ma ogni autore è responsabile delle proprie parole, le dette e le taciute, del proprio impegno e della propria disponibilità all’incontro.

 

Nel momento della condivisione dei materiali, in una rubrica su Nazione Indiana che raccoglierà l’intera compagine dei testi presentati durante il laboratorio (giova ricordarlo: testi in quel momento incompiuti o in lavorazione, ed oggi magari diversissimi, o già pubblicati, o completamente cassati dagli autori stessi) accompagnati dalle rispettive tracce d’ascolto generate, ci preme forse maggiormente, stilando la parte positiva del bilancio, ringraziare uno per uno i nostri autori per ciò che hanno voluto o potuto fare e condividere; per essersi sobbarcati le spese di viaggi anche internazionali; per la loro disinvoltura o più silenziosa attenzione; per aver mostrato di poter leggere un testo (o fare qualcosa di un testo, maneggiarlo) senza dover ricorrere necessariamente a quegli approcci categorizzanti e a quelle parole d’ordine che tanto ci avevano infastidito a monte di questa esperienza. Per aver fatto emergere, infine, dalle loro letture, talvolta pigre talvolta sorprendenti, talvolta centrate talvolta felicemente divergenti, anche una serie di problemi forse nuovi e certamente urgenti, come quello, statisticamente più ricorrente, che riguarda l’uso, l’usabilità, la dimensione pragmatica tanto della scrittura quanto della sua inserzione e ricezione nel mondo, e che speriamo qualcuno voglia accogliere e approfondire, in sede critica e in relazione al funzionamento di un testo letterario contemporaneo. Li ringraziamo, ancora, per averci sopportati prima, e poi lungamente attesi, nella conduzione del laboratorio e in quella dell’approdo in rete dei suoi atti.

 

Una conduzione, quella del laboratorio, così come del suo dopo, sicuramente affannosa, strattonata, ciascuno di noi dovendo volta a volta emancipare spazi e tempi letteralmente impropri dalla trama di esistenze materiali e lavorative votate a una furiosa avversione rispetto alle facoltà e pratiche dell’incontro, della condivisione, della lettura, del dissenso o dell’accordo argomentati – e argomentati poiché posteriori, appunto, all’incontro, agli oggetti di condivisione e analisi, all’ascolto di questi e alla domanda sul senso della loro messa in comune. Che si tratti poi di oggetti di scrittura non dovrebbe, crediamo, minare la seriosa generalità di quanto appena affermato: se le scritture sono nel mondo e il mondo riguardano, la proiezione nel mondo delle etiche e prassi che queste informano è problematica ma inevitabile, problematico ma inevitabile il loro fare mondo, riproporsi su altra scala all’altezza delle nostre forme di vita.

 

*

 

[1] Questi i partecipanti alle tre date: Daniele Bellomi, Alessandra Cava, Fiammetta Cirilli, Mario Corticelli, Elisa Davoglio, Alessandro De Francesco, Marco Giovenale, Alessandra Greco, Mariangela Guatteri, Niccolò Furri, Andrea Inglese, Andrea Leonessa, Giulio Marzaioli, Simona Menicocci, Manuel Micaletto, Renata Morresi, Vincenzo Ostuni, Nicola Ponzio, Giorgia Romagnoli, Luigi Severi, Fabio Teti, Silvia Tripodi, Michele Zaffarano. Il novero degli invitati avrebbe compreso anche Mariasole Ariot, Gherardo Bortolotti, e Andrea Raos, che non hanno potuto prendere parte ai lavori.

 

*

Prove d’ascolto #1 – Daniele Bellomi

Prove d’ascolto #2 – Alessandra Cava

Prove d’ascolto #3 – Fiammetta Cirilli 

Prove d’ascolto #4 – Elisa Davoglio

Prove d’ascolto #5 – Mario Corticelli 

Prove d’ascolto #6 – Alessandro De Francesco

Prove d’ascolto #7 – Niccolò Furri

Prove d’ascolto #8 – Marco Giovenale

Prove d’ascolto #9 – Alessandra Greco

Prove d’ascolto #10 – Mariangela Guatteri

Prove d’ascolto #11 – Andrea Inglese

Prove d’ascolto #12 – Andrea Leonessa

Prove d’ascolto #13 – Giulio Marzaioli

Prove d’ascolto #14 – Simona Menicocci

Prove d’ascolto #15 – Manuel Micaletto

Prove d’ascolto #17 – Vincenzo Ostuni 

Prove d’ascolto #18 – Nicola Ponzio

Prove d’ascolto #19 – Giorgia Romagnoli

Prove d’ascolto #20 – Luigi Severi

Prove d’ascolto #21 – Fabio Teti

Prove d’ascolto #22 – Silvia Tripodi 

Prove d’ascolto #23 – Michele Zaffarano

 

 

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13 Commenti

  1. Vorrei chiedere alll’autrice del pezzo se puo argomentare meglio la parte relativa al fallimento del progetto. Grazie

    • caro Marco, credo che sia espresso e spiegato bene nelle frasi successive: Tolti pochi casi […] si è rivelato più che problematico dar vita a discussioni proficue, più che faticoso stimolare una partecipazione che avrebbe invece dovuto esserne precondizione. Lo stesso può dirsi per la seconda fase del laboratorio […] Anche qui, i risultati non son stati sempre all’altezza delle aspettative, ma ogni autore è responsabile delle proprie parole, le dette e le taciute, del proprio impegno e della propria disponibilità all’incontro.

      • Volevo anche chiederle quali sono i motivi per cui, secondo lei, il dialogo e la discussione non nascono neanche ora che le poesie sono messe in rete. Come mai queste proposte non suscitano alcuna reazione? Grazie

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Renata Morresi scrive poesia e saggistica, e traduce. In poesia ha pubblicato le raccolte Terzo paesaggio (Aragno, 2019), Bagnanti (Perrone 2013), La signora W. (Camera verde 2013), Cuore comune (peQuod 2010); altri testi sono apparsi su antologie e riviste, anche in traduzione inglese, francese e spagnola. Nel 2014 ha vinto il premio Marazza per la prima traduzione italiana di Rachel Blau DuPlessis (Dieci bozze, Vydia 2012) e nel 2015 il premio del Ministero dei Beni Culturali per la traduzione di poeti americani moderni e post-moderni. Cura la collana di poesia “Lacustrine” per Arcipelago Itaca Edizioni. E' ricercatrice di letteratura anglo-americana all'università di Padova.
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